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Archivio per novembre, 2018

Hora quota est?

La suddivisione del giorno presso gli antichi Romani. Tutte le informazioni in questo sito…

http://www.serenusbloom.it/sb/?p=6478

 

 

Un sonetto di Cavalcanti

Noi siàn le triste penne isbigotite 

Per effettuare l’analisi del componimento di Guido Cavalcanti consulta questi siti

 http://www.pubblicascuola.it/Pagine/E10.html

https://www.edatlas.it/documents/a05a5baa-7bc5-4080-8b7a-0efdba1e87b2

 

La terribile fine di Cicerone.

Fu terribile, la morte di Cicerone. Dopo l’uccisione di Cesare, alle Idi di marzo del 44 a.C., gravava su di lui il sospetto che fosse stato al corrente della congiura. Non a caso, dopo l’assassinio, uno dei cesaricidi, Bruto, lo aveva additato come colui che avrebbe restituito ai romani la libertà repubblicana. In effetti, dopo la morte di Cesare, Cicerone aveva assunto un ruolo di primo piano. Il suo obiettivo politico era chiaro: contando sull’appoggio di Ottaviano, intendeva ricostituire un partito senatorio. Sul versante opposto stava Antonio, nel frattempo diventato il leader dei popolari: e contro di lui Cicerone si scagliò con forza, pronunciando alcune delle sue orazioni più violente. Ma Ottaviano fece un accordo politico con Antonio e con Crasso. Cicerone, inserito nelle famigerate liste di proscrizione, si rifugiò nella sua villa di Formia, ma i sicari dei triumviri lo raggiunsero, gli mozzarono la testa e la portarono ad Antonio, che ordinò di tagliare anche le mani che avevano scritto contro di lui le Filippiche e di esporre testa e mani ai rostri I rostri (in latino Rostra) erano le tribune nel foro romano dalle quali i magistrati tenevano le orazioni. Il nome derivava dalle prue delle navi nemiche (rostrum appunto). Ma non era ancora finita. Racconta Cassio Dione, infatti, che Fulvia, la moglie di Antonio, prese la testa, aprì la bocca, estrasse la lingua che aveva parlato contro il marito e la trafisse con lo spillone che usava per raccogliere i capelli. (EVA CANTARELLA)

Risultati immagini per la morte di cicerone

Analizzate le due fonti antiche, Livio e Plutarco, ed eseguite i questionario in calce.

Morte di Cicerone – Livio (in Seneca il Vecchio, Suas. 7. 17)

Marco Cicerone all’arrivo dei tribuni si era allontanato
dalla città, sapendo per certo, cosa che (in effetti) era
(vera), che non si poteva sottrarre ad Antonio più di
quanto Cassio e Bruto si potessero (sottrarre) a Cesare.
In un primo tempo era fuggito nella villa di Tusculo; di
là, per vie traverse, parte per la villa di Formia, con
l’intenzione di imbarcarsi da Gaeta.
E dopo che, preso il largo di là parecchie volte, ora i
venti contrari lo avevano riportato indietro, ora non
poteva egli stesso sopportare il rollìo della nave in balia
del mare agitato, lo prese infine il tedio della fuga e
della vita, e ritornato alla villa precedente, che dista dal
mare poco più di mille passi (= un miglio), disse:
“Morirò nella patria spesso salvata (da me)”.
È noto che i suoi servi erano pronti a combattere
coraggiosamente e fedelmente; (ma) egli ordinò di
deporre la lettiga e di sopportare tranquilli ciò a cui
l’iniqua sorte lo costringeva. A lui che si sporgeva dalla
lettiga e che offriva il collo immobile fu tagliata la
testa.
Né (questo) fu abbastanza per la stolta crudeltà dei
soldati; gli tagliarono anche le mani, rimproverando(le)
di aver scritto qualcosa contro Antonio. Così il capo
(fu) portato ad Antonio e per suo ordine (fu) posto sui
rostri fra le due mani.

Plutarco, Vita di Cicerone, XLVI (la fonte di Plutarco è in lingua greca)

3. La decisone più difficile da prendere, quella che creò i
problemi maggiori fra i tre, riguardò Cicerone: Antonio
non sarebbe sceso ad alcun accordo se quello non fosse
stato il primo a morire, Lepido stava dalla parte di
Antonio, mentre Cesare si opponeva ad entrambi.
4. La riunione, che rimase segreta perché vi parteciparono
loro tre soli, si protrasse per tre giorni e si tenne nei pressi
di Bologna. Si riunirono, infatti, in un luogo appartato,
attorno al quale scorreva un fiume, lontano dagli
accampamenti.
5. I primi due giorni Cesare si batté per Cicerone (così si
racconta), ma al terzo mostrò segni di cedimento e
abbandonò l’oratore alla sua sorte. Ci fu un vero e proprio
compromesso, così articolato: Cesare dové sacrificare
Cicerone, ma Lepido suo fratello Paullo, Antonio Lucio
Cesare, che era suo zio per parte di madre.
6. Così rabbia e furore li tennero lontani da ogni ragione
umana: o meglio, dimostrarono come nessuna bestia è più
selvaggia dell’uomo quando a un’indole passionale si
aggiunge il potere.

XLVII – 1. Mentre i tre prendevano accordi, Cicerone si
trovava in compagnia del fratello nei suoi possedimenti di
Tuscolo. Appena seppero dell’ondata di proscrizioni,
decisero di trasferirsi ad Astura, dove Cicerone aveva un
suo podere sul mare: di là avrebbero navigato in
Macedonia per raggiungere Bruto. Da qualche tempo,
infatti, correva voce che la posizione di questo fosse
divenuta autorevole.
2. Si fecero trasportare su lettighe, in preda alla
disperazione più cupa: ogni tanto, fermandosi lungo la
strada, avvicinavano le portantine e si consolavano a
vicenda.
3. Il più depresso era Quinto, perché non faceva che
pensare alle mille difficoltà che avrebbero incontrato:
ripeteva che da casa sua non aveva portato nulla e anche
Cicerone aveva scarse provviste per il viaggio. Sarebbe
stato meglio, quindi, che Cicerone continuasse a fuggire,
mentre lui sarebbe corso a casa a prendere il necessario
per entrambi.
4. Così fu deciso: e i due, tra abbracci e lacrime, si
separarono. Qualche giorno dopo, venduto dai suoi servi
agli uomini sulle sue tracce, Quinto fu ucciso con il figlio.
Cicerone, nel frattempo, giunse ad Astura dove, trovata
un’imbarcazione, prese sùbito il largo e, approfittando di
un vento favorevole, navigò lungo la costa fino al Circeo.
5. I piloti volevano ripartire immediatamente; ma l’oratore,
un po’ per paura del mare, un po’ perché non aveva ancora
perso del tutto la fiducia in Cesare, preferì sbarcare e
percorrere a piedi un centinaio di stadi in direzione di
Roma.
6. Ma ancora lo assalirono dubbi, perplessità e alla fine
cambiò idea: scese di nuovo verso il mare, ad Astura. Là
trascorse la notte, assillato da incubi e orribili pensieri:
arrivò persino a immaginare di introdursi di nascosto in
casa di Cesare e di togliersi la vita presso il focolare, in
modo da eccitargli contro le furie vendicatrici.
7. Ma il timore di incorrere nella tortura, in caso avesse
fallito, lo fece desistere da questo proposito. Alla fine,
dopo aver fatto e disfatto con la mente un gran numero di
progetti, uno più confuso dell’altro, ordinò ai suoi servi di
condurlo per mare a Gaeta: là, infatti, possedeva un
podere, ameno rifugio alla calura estiva, quando con
piacevolissima brezza soffiavano i venti etesi.

8. In quella località vi era anche un tempietto sul mare,
consacrato ad Apollo. Dal promontorio uno stormo di
corvi gracchianti si alzò in volo per dirigersi all’imbarcazione
di Cicerone, che procedeva verso terra a forza di
remi. Gli uccelli si posarono su entrambi i lati dell’antenna
e in parte si misero a rumoreggiare, in parte spezzarono i
capi delle corde. A tutti il presagio sembrò funesto.

9. Cicerone, comunque, sbarcò e, recatosi nella sua villa,
si coricò per riposare. Ma i corvi si appollaiarono qua e là
sulla finestra in gran numero, con grande frastuono; uno di
essi, poi, volò giù sul letto, afferrò col becco la veste con
cui Cicerone si era coperto il volto, e a poco a poco la sfilò
via.
10. I servi, assistendo a uno spettacolo del genere, si
rimproverarono di restare impotenti a guardare l’assassinio
del loro padrone, senza difenderlo, mentre persino una
bestiola cercava di soccorrerlo, prendendosi cura di lui,
vittima di una sorte avversa: per questo, un po’ con le
preghiere, un po’ con la forza, lo sollevarono di peso e lo
trasportarono in lettiga fino al mare.

XLVIII – 1. Nel frattempo, sopraggiunsero i sicari:
Erennio, un centurione, e Popillio, tribuno militare che, a
suo tempo, Cicerone aveva difeso dall’accusa di parricidio.
Con loro, un gruppetto di soldati.
2. Trovando le porte serrate, le abbatterono a spallate, ma
dentro Cicerone non c’era e i servi di casa ripetevano di
non sapere dove fosse finito. Si racconta, però, che un
giovinetto, a cui Cicerone aveva fatto da maestro negli
studi letterari e scientifici, che formano l’uomo di
condizione libera, liberto del fratello Quinto, di nome
Filologo, rivelò al tribuno che l’oratore era diretto in lettiga
verso il mare attraverso un percorso ombreggiato, segnato
da alberi.
3. Il tribuno, allora, presi con sé pochi uomini, fece di
corsa il giro della casa, dirigendosi verso l’uscita; Erennio,
invece, si lanciò in gran fretta lungo i viali. Cicerone se ne
accorse e ordinò ai suoi servi di depositare la portantina a
terra.
4. Con un gesto che era solito fare, appoggiò il mento sulla
mano sinistra e fissò lo sguardo in quello dei suoi
assassini. I capelli erano sporchi e e arruffati, il volto
segnato dalle preoccupazioni di quei giorni: quasi tutti i
presenti preferirono coprirsi gli occhi, quando Erennio lo
colpì a morte.
5. Fu ucciso mentre protendeva il collo dalla lettiga.
Aveva sessantaquattro anni.
6. Per ordine di Antonio gli vennero tagliate la testa e
anche le mani, perché con quelle aveva scritto le
Filippiche. Era questo il titolo scelto da Cicerone per le
sue invettive contro Antonio e ancora oggi l’opera si
chiama così.
XLIX – 1. Quando il corpo scempiato di Cicerone venne
portato a Roma, Antonio era casualmente impegnato
nell’elezione di alcuni magistrati. Appena ne ebbe notizia e
vide con i suoi occhi, levò un grido e disse che ora le
proscrizioni erano finite davvero.

2. Comandò poi di porre testa e mani sopra i rostri che si
trovano sulla tribuna degli oratori: uno spettacolo
raccapricciante per i Romani, i quali credettero di vedere
in quei tratti non il volto di Cicerone, ma l’immagine
dell’animo di Antonio. In questo frangente costui si
comportò con giustizia in una sola occasione: quando
consegnò Filologo a Pomponia, moglie di Quinto.
3. La donna, entrata in possesso di quello schiavo, gli
inflisse le pene più atroci: tra le altre, lo costrinse a
tagliarsi le carni un pezzo alla volta, per arrostirle e
mangiarsele.
4. Così almeno, attestano alcuni scrittori; ma Tirone,
liberto dello stesso Cicerone, non allude minimamente al
fatto né, tantomeno, al tradimento di Filologo.
5. Ho saputo che Cesare, molti anni dopo, si recò a far
visita a uno dei suoi nipoti, il quale, sorpreso con un libro
di Cicerone in mano, lo nascose sotto la veste, tremante di
paura. Cesare, che aveva assistito alla scena, prese il libro
e, restando fermo in piedi, ne lesse una buona parte, poi lo
restituì di nuovo al giovinetto e disse: “Era un uomo colto,
ragazzo mio, colto e amante della patria”.

Questionario
1. Da chi e in che occasione fu presa la decisione di far uccidere Cicerone? In quale dei due testi si parla di ciò?
2. Chi è la persona designata da Livio e da Plutarco con il nome di Cæsar?
3. Dove si trovava Cicerone quando gli giunge la notizia dell’imminente arrivo dei sicari? In ciò i due testi
coincidono o differiscono?
4. Chi era con Cicerone in quell’occasione? In ciò i due testi coincidono o differiscono?
5. Quale fu il percorso di fuga di Cicerone? Si può dire che riguardo a ciò i due testi coincidano nella sostanza,
sebbene uno sia assai più dettagliato dell’altro? Argomenta opportunamente la tua risposta.
6. Al loro arrivo i sicari trovarono Cicerone in casa? In ciò i due testi coincidono o differiscono?
7. Come avvenne in particolare l’uccisione di Cicerone? In quali parti del corpo fu ferito? Riporta nella risposta la
frase greca e la frase latina relative a questa circostanza, notando le eventuali differenze.
8. Cosa accadde invece a Quinto, il fratello di Cicerone? In quale dei due testi e in quale passaggio ciò viene
specificato.
9. Livio e Plutarco narrano i fatti in modo impersonale o esprimono un giudizio su ciò che avvenne? Approvano o
condannano l’uccisione di Cicerone? In quali brani dei due testi è possibile rilevare una presa di posizione dei
due autori al riguardo? Sottolineali sul testo e riporta nella risposta i riferimenti alle righe.
10. Plutarco riferisce alcuni aneddoti di cui non vi è cenno nella redazione liviana: individuali, sottolineali sul testo
e riporta nella risposta i riferimenti alle righe, quindi riassumili, esprimendo opportune considerazioni sul loro
significato